È che forse ancora non siamo cresciuti, nonostante l’età, nonostante la vita, nonostante tutto quello che accade. Le sconfitte vengono mandate giù, incassate, come un boxeur triste che passa la vita come sparring partner, vorrei poter capire come farne esperienza positiva, come venire fuori con forza inusitata, questo non ho ancora capito, non ho percezione di come ci si possa tirare su da questa posizione prona, indifesa, anche da questa solitudine interiore. Come?

È che mi sembra essere sopraffatto, non quel modo eclatante che definisce la sconfitta senza necessità di attestazioni che non siano spocchiose pose, piuttosto come fosse un piano in dissolvimento dalla luce al buio, senza quei momenti percepibili di passaggio dal visibile all’invisibile percepito, no, è come ritrovarsi al buio nell’assoluta sorpresa, invero non proprio sorpresa della fine, piuttosto del viaggio, impercettibilmente, inopinatamente svanito. Così. È.

È che ho aperto un bottiglia di fiano, il liquido sapeva di tappo, invero era forte l’impatto al naso, come ovvio, in bocca era attutito ma evidente, ho deciso di berlo, nonostante tutto. È che mi sembra così tutto, forze che scemano, incapacità di decisione, involontarietà consce, il senso fondo è quella percezione di inutilità, di non essere, di essere in nessun posto, quasi invisibile, addirittura inconsistente, posarsi senza toccare, parlare senza suono, eppure a volere parlare e toccare e sentire ogni cosa ovunque ma ormai cacciato via, non vedere nulla ma avere una voglia infinita di essere esserci.

È che oggi è una di quelle giornate indefinibili per colore, di quelle giornate in cui ogni cosa, ogni sguardo, ogni singolo gesto, ogni pensiero, ogni parola, tutto si ferma in gola, quel che esce  è solo suono indistinto, filo di note incomprensibile, tutto è fermo  nel petto e non ha alcuna intenzione di uscire. Tutto lì dentro che pesa incommensurabilmente. Tutto così.

E’ che mia mamma è preoccupata, per me, per situazioni per lei sovrapposte, io non so cosa dirle, assento alle sue raccomandazioni. Assento affatto convinto. Così è. E’ che in questo posto è capitato che s’indugiasse ad un piccolo compiacimento per la parola, ora unico indugio è riferito all’essenzialità, al cospetto del senso nudo, crudo, inderogabile.

“Chiudendo il taccuino Ferris patì il senso del rischio, della precarietà, quasi del terrore.” Con la stessa sensazione di girare, di sprofondare che provava prima di addormentarsi, come in quei faticosi sogni, semisogni, ronzanti che lo trascinavano nel loro spazio turbinoso.