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Archivio mensile:febbraio 2013

È sorprendente questa strana sorta di compensazione tra vasi vuoti apparentemente comunicanti, il vuoto della fame, chissà che fame, riempito con metodicità eccedente, inutile, vana, fame quasi sempre inesistente, solo un impulso subdolo che simula mancanza affinché quel che lo alimenta colmandolo sia un palliativo indecente di quel altro vuoto, quel buco fondo buio nero infinito che s’acquieta, temporaneamente, ma non si sazia mai. Due vuoti legati indissolubilmente, ma se uno dei due venisse eliminato, l’altro che fine farebbe?

È che qualcuno prima di me non ce l’ha fatta, perché dovrei farcela io? Quali qualità nascoste, quali possibilità celate? Quale mobilità sociale, quale stupida superiorità? Quale cazzo di diversità ci dovrebbe essere??? Non ne scorgo alcuna, alcuna. Pensieri foschi nel buio, poi la vita quotidiana prende il sopravvento, li scosta e ne rende evidente la pochezza, sì, così, eppure subdoli s’insinuano nelle molteplici falle che si sono aperte nel tempo. Così è.

È come stare immersi a fondo in un’aria densa, nebbiosa, quasi solida consistenza in cui si fatica a muoversi, in mezzo a non si capisce cosa, le distanze, i riferimenti, i contatti, poco comprensibile il ricordo da dove si arriva, vivida la sensazione di dover andare altrove, quella eccezione di ammiccamento, d’abbandono concessa all’ovattata calma apparente di ogni riferimento evaso, smania poi, al contempo, di ricercare ogni seppur minima variazione dello status quo, infinitesimali cambiamenti nel tono della luce algida, nella pressione aerea sulla pelle, nel vuoto di ostacoli inopinati, procede passo lento, evidente percezione di smarrimento, debole il fisico di incertezze rincorse, debole lo sguardo sempre fiero, l’attesa è procedere quasi a tentoni, via avanti, intuito o segni, in cerca di aria che si diradi, limpida.