archivio

Diari altrui

“Ho passato tutta la vita a farmi “scaricare” emotivamente dalle persone che amavo di più: papà che muore  e mi abbandona, mamma in qualche modo assente. Così riempio gli incidenti più banali, come può essere il ritardo di qualcuno che amo, di un contenuto emotivo freddo, che sta a indicare come io non sia importante.”

Un contenuto emotivo freddo, sentito, risentito, in continuazione invero, il senso di non essere importante per anche banali pretesti, piccole disattenzioni che diventano macroscopiche disaffezioni, dal grande al piccolo con intervalli quasi istantanei, senza la minima attenzione a fermare i pensieri per sentire davvero quel che era, no, scontro frontale, vediamo chi si fa male di più, occhi alti e sfrontata, sferzante indisponenza a volte senza motivo. Quelle parole, a leggerle piano, s’insinuano lente sotto la pelle e s’impossessano d’ogni spazio, davanti gli occhi istantanee che si ripetono, ripetono, ripetono. Poi leggo di come Sylvia Plath si è tolta la vita e mi sento addosso tutta quella disperazione infinita senza contenimento, tracimante ineluttabilmente.