Viaggi verticali.
(…) un tempo felice, un tempo infelice, un tempo in cui il paradiso è così vicino, un tempo in cui il paradiso è così lontano, un tempo in cui la felicità si trova accendendo un sigaro, bevendo un caffè, un bicchier d’acqua, una birra conservata come vino da messa, un tempo colorato d’azzurro come alcuni sogni, un tempo in cui ci avviciniamo a ciò che ci avvicina al paradiso e all’idea che di esso ci resta e viene dai sogni. Non voglio morire mai. Non voglio. Non voglio che arrivi il mio turno, devo aver tempo, tempo per essere freddo come una scia nel cielo di un’alba estiva, un uomo con un nome, un uomo senza eccezione di genere, persona, declinazione. Un uomo che non deve essere immune, un uomo che fa la doccia e la colazione, che prende il sole, l’aria e tutto il resto. Uno uomo che vuole dormire in un letto ampio dove la mattina l’avrebbe svegliato mostrando loro un cielo blu. Un cielo blu così intenso e inquietante, perturbante, né silenzioso né tranquillo – solo un cielo blu in continuo movimento.
Autodeterminazione, manifestazione non repressa della vitalità, libero arbitrio, realizzazione della razionalità, fino a visioni più spiritualistiche come realizzazione della vocazione individuale, non mi convince la visione anarchica della libertà perché non credo a fondo all’idea dell’autogestione, non ho una formazione filosofica per cui ho difficoltà a muovermi tra idee così dense. La libertà, facile la si vanti, difficile gestirla a fondo, ho idea che sia complicato sentirsi davvero liberi e vivere la libertà fino in fondo. Se per libertà posso intendere un’inestricabile coacervo di determinazioni che rispettano il sé e l’altro, credo che posso sentirmi una persona libera, arrivata a sentire questa libertà libera di poter essere estrinsecata senza il dubbio evidente che certi atteggiamenti sono tutto fuorchè liberi.